Ascoli Piceno (AN), Galleria Civica D’Arte Contemporanea “Osvaldo Licini”, 30 marzo – 30 giugno 2019, a cura di Stefano Papetti
“Io nel pensier mi fingo…”
L’atmosfera leopardiana nell’opera di Giorgio Cutini.
In occasione del nostro primo incontro destinato a definire i contorni di questa mostra, non è stato difficile convincere Giorgio Cutini a selezionare, nella sua vasta produzione, una serie di suggestive immagini legate al tema del paesaggio; un argomento che percorre tutta la poetica di Cutini e che ci consente di esaminare opere realizzate in periodi diversi, estrapolate dalle varie serie realizzate nel corso degli anni.
Il lirismo che sottende tutte le espressioni artistiche del fotografo marchigiano mi ha indotto a cercare un fil rouge leopardiano, che giustifica la scelta del titolo “Io nel pensier mi fingo…”, un esplicito richiamo alla poesia perfetta, “L’Infinito”, della quale ricorre quest’anno il duecentesimo anniversario della sua pubblicazione…
Dagli ambienti in cui saranno esposte le opere di Cutini si possono scorgere i numerosi dipinti di Osvaldo Licini, al quale la Galleria d’Arte Contemporanea è dedicata e certo non può sfuggire ai visitatori più attenti la ascendenza liciniana che connota le opere di Cutini. L’oltre, immaginato da Leopardi al di là della siepe e contemplato da Licini dalla sua terrazza affacciata sui Sibillini, si materializza nelle visioni di Cutini il cui accento onirico si esprime nella ricercatezza dello “sfumato” che confonde nuvole ed alberi, cielo e terra, presenze umane e visioni immaginarie.
Se Turner era solito farsi legare alla sommità dell’albero maestro delle navi per ammirare meglio il cielo tempestoso, Cutini ottiene effetti simili a quelli perseguiti dal pittore inglese attraverso un morbido effetto flou che, lasciando indefiniti i contorni delle immagini, chiama in causa la nostra fantasia per ricomporre quelle apparizioni indistinte e dinamiche, eccitando la nostra sensibilità.
Le opere di Cutini richiedono all’osservatore lo sforzo di far convergere la corda della ragione con quelle del sentimento – per dirla con Pirandello – così che alla fruizione passiva si sostituisce un coinvolgimento emotivo che lo rende protagonista, al pari del fotografo, della creazione artistica.
Nei paesaggi immaginari di Cutini non è indispensabile riconoscere un luogo o individuare un contesto naturale realmente esistente perché la sua vocazione di fotografo non lo porta a documentare ciò che esiste, ma a farlo rivivere nella nostra mente attivando una sottile trama di ricordi e di emozioni che ci rendono protagonisti di una esperienza emotiva.
Le sue immagini fanno infatti riferimento ad un paesaggio dell’anima che è dentro di noi piuttosto che alla natura che ci circonda, con la sua armonia ma anche con la sua capacità di spaurirci. Il sublime affiora nelle fotografie di Cutini che certo si offrono alla nostra visione con la consapevolezza che l’arte non abbia soltanto il compito di documentare un evento, ma di elevare lo spirito di quanti sappiano intenderne il messaggio”. Stefano Papetti