“Roma, città dell’Angelo” (2008 – 2010) Sequenza di 80 immagini
“Le foto di Roma, vogliono riprodurre sulla carta sensibile, le vibrazioni e le impressioni che le luci, uniche e particolari della città, suscitano nel visitatore meravigliato e stordito. Il reale scompare e appare l’irreale. In queste foto il ”grigio” sommato ai riflessi di luce, descrive la Roma del sogno e dell’affabulazione, la magia di un pensiero, il piacere di un’incontro inatteso e insolito.
La città non è abitata da esseri umani, ma da ombre e da visioni, la realtà diventa sogno in un concatenarsi di immagini che invitano verso l’ignoto e il mistero dove si percepiscono i rumori dell’aria i fruscii delle foglie degli alberi e del vento tra i rami dei pini, che insieme ai personaggi marmorei, si trasformano in fantasmi. E’ il racconto di una città in cui si possono ritrovare frammenti di immagini che permettono di recuperare la sua storia, il suo misticismo il suo fascino. Queste immagini riusciranno ad accompagnare le parole del “Poeta”?!?”. Giorgio Cutini
“…Cutini, analogamente, intende donare alla sua fotografia il compito non di folgorare l’attimo, ma di scorgerne il prolungamento nella memoria che lo fa più autentico e necessario. Figure, paesaggi, volti, sguardi non saranno allora per lui lampi di luce, vampe che bruciano in un solo istante, ma luoghi che cercano verità nelle anse del tempo che li ha visti sbocciare e crescere. Lunghi scavi nell’immagine, che non pretendono di svelare certezze, ma pongono domande cariche d’ansia: come avviene, ad esempio, nelle fotografie oggi esposte, dedicate (prevalentemente/tutte) alla città di Roma”. Fabrizio D’amico
“…Quest’ultimo (Giorgio Cutini) è per me una vera rivelazione: la caratterizza infatti una ricerca concettuale, astratta ma soprattutto interiore. La sua è una fotografia cinematica in un bianco e nero molto convincente e potente. Molto affine a Giacomelli… Il che la dice lunga sul personaggio. Carlo Dainese
“Le scatole cinesi di G. Cutini sono quasi invisibili, esse si basano sull’idea che il modo di essere più sostanziale del viaggio romano-centrico racchiuda in sé una serie di derivazioni successive che sono, sì, più evolute fotograficamente, ma hanno perso la memoria di questa o di quella specifica immagine della città, a partire dalla quale si sono liberamente costituite con un percorso tutto personale. Ecco che due nuove realtà si incontrano, si creano: il percorso astratto e la rete invisibile dell’immagine della città dialoga con la scelta soggettiva, l’estrema ratio psicologistica del fotografo. Ad esempio, lì dove si intravede il Pantheon, lì dove si percepisce l’Aventino, lì dove siamo quasi vicini a Villa Medici. oppure alla celebre GNAM, al Chiostro del Bramante, ai resti del Foro di Traiano o ai Mercati Traianei, o la popolare Hostaria Costanza, vicino Campo dei Fiori, l’oggetto della fotografia in sé ha una funzione ed una sua finalità, ma non è che una delle strategie per evidenziare l’azione, il movimento della macchina di fronte alla città…. Gabriele Perretta